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L’autopsia sui coniugi uccisi a Palagonia
“Non è esclusa la violenza sessuale”

I risultati completi saranno consegnata entro i prossimi 60 giorni

PALAGONIA. Dall'autopsia su Mercedes Ibanez sono emersi elementi che porterebbero a ipotizzare che la donna sia stata violentata. Sono "soltanto indizi - riferisce una fonte giudiziaria - anche se diversi, che non danno certezze", le quali arriveranno da analisi successive. Il deposito della consulenza è previsto entro 60 giorni.

Sul corpo della donna, conferma una fonte giudiziaria, sono state "trovate ecchimosi e segni di un colluttazione" in una zona del corpo che fanno "ipotizzare abbia subito violenza sessuale". La certezza avverrà dopo esami istologici su organi della vittima. Secondo questa ricostruzione sembra prendere corpo anche la tesi che Mercedes Ibanez, che ha tentato di reagire all'aggressione, sia stata lanciata dal balcone e non che sia caduta cercando di fuggire. Ma anche questa, al momento, resta un'ipotesi da verificare.

Non cambia, per il momento, il capo d'imputazione l'ivoriano di 18 anni, Mamadou Kamara, fermato dalla polizia di Stato per l'uccisione dei coniugi di Palagonia. Nonostante gli indizi emersi dall'autopsia all'extracomunitario non è contestata la violenza sessuale. Domani davanti al Gip di Caltagirone, nell'udienza di convalida del suo fermo eseguito dalla polizia di Stato su disposizione della locale Procura, resterà indagato per duplice omicidio aggravato.

Folla commossa e lunghi e scroscianti applausi hanno accolto l'arrivo dei feretri di Vincenzo Solano e Mercedes Ibanez al Municipio di Palagonia. Nella sala azzurra del Comune è stata allestita la camera ardente che li ospiterà fino alle 16 di domani, un'ora prima dei funerali che saranno celebrati nella chiesa di San Giuseppe dal vescovo di Caltagirone, mons. Calogero Peri.

L'AUTOPSIA. Si è conclusa a notte fonda la duplice autopsia compiuta, nell'obitorio dell'ospedale di Caltagirone, sui corpi di Vincenzo Solano, 68 anni, e della  moglie, la spagnola Mercedes IBanez, di 70, uccisi il 30 agosto  scorso durante una rapina nella loro villa di Palagonia, nel  Catanese. Per il duplice omicidio la polizia di Stato, su  disposizione della Procura di Caltagirone, ha fermato un  ivoriano di 18 anni, Mamadou Kamara. Il giovane, sbarcato a Catania l'8 giugno scorso, era ospite del vicino Cara di Mineo.

L'autopsia completa sarà consegnata entro i prossimi 60 giorni. La magistratura  valuterà la richiesta dei familiari delle vittime sulla  restituzione delle salme per fare celebrare i funerali. È prevista per  domani mattina l'udienza di convalida, davanti al Gip, del fermo  eseguito due giorni fa dalla polizia di Stato di Mamadou Kamara

Continuano intanto le indagini. La polizia scientifica ha continuano nei rilievi  nella casa e anche su un paio di mutande da uomo insanguinate  trovate nel giardino. Potrebbero essere dell'ivoriano fermato  che le ha tolte per evitare di essere sospettato. Gli  investigatori stanno controllando i tabulati del suo cellulare  personale dal quale avrebbe fatto almeno due chiamate. Lui non ha fatto alcuna ammissione. Agli investigatori della  squadra mobile di Catania e del commissariato della polizia di  Stato di Caltagirone ha fornito la sua spiegazione: «il borsone  (con dentro cellulare e Pc portatile delle vittime, ndr) l'ho trovato per strada, che male c'è?», e dopo avere fornito questa  sua spiegazione ha chiesto «perchè mi state trattenendo, visto che ho chiarito tutto?». «Tra l'altro sono uscito alle 6 - ha  aggiunto - e sono rientrato adesso non avrei avuto il tempo di  andare e tornare da Palagonia». Ma la registrazione dell'uscita  non esiste e il poliziotto di turno nega di averlo visto passare dall'ingresso principale. Potrebbe avere saltato la recinzione  o passato da uno dei buchi che vengono creati.

Ma i particolari che lo accusano non sono soltanto legati al  borsonecon cui poco prima delle 7 del mattina di due giorni fa  ha tentato di rientrare nel Cara di Mineo, suscitando la  curiosità di una caporale dell'esercito che ha fatto intervenire  un ispettore della polizia di stato facendo partire l'indagini  che ha portato alla tragica scoperta nella via dei Solano, in  via Palermo, a Palagonia.  Nel borsone c'erano anche un suo paio di pantaloni neri  macchiati di sangue e una cintura bianca, con una grossa fibbia.  Gli stessi che indossa, puliti, in una foto contenuta sul suo  cellulare personale. Al momento in cui è stato bloccato, invece,  indossa una magliettina grigia di un'impresa di Palagonia con la  quale Vincenzo Solano collabora, i pantaloni, che sono diverse  misure più grandi, e le pantofole dell'uomo. Capi che la figlia  della vittima riconoscerà in commissariato in maniera certa e  incontrovertibile. Secondo la tesi dell'accusa, l'ivoriano dopo  la strage si sarebbe cambiato gli abiti per non destare sospetti  al suo rientro al Cara.

 

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