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Uccise un giovane credendo che fosse un ladro: condannato a 17 anni a Catania

Sentenze a Catania, pensionato sparò a 27enne in sua proprietà

CATANIA. La prima Corte d'assise di Catania ha condannato a 17 anni di reclusione, per omicidio volontario, Giuseppe Caruso, il 70enne che il 26 aprile del 2013 uccise con quattro colpi di pistola il 27enne Roberto Grasso, sostenendo di averlo ritenuto un ladro che si era introdotto nel suo fondo agricolo di Puntalazzo di Mascali. Il Pm Alessandro La Rosa aveva chiesto per l'imputato la pena di 21 anni di reclusione. La difesa di Giuseppe Caruso, che è agli arresti domiciliari, rappresentata dall'avvocato Giuseppe Lipera, ha sempre sostenuto la tesi della legittima difesa e dell'uso legittimo delle armi. Nel processo si sono costituiti come parte civile il figlio, i genitori e i fratelli della vittima.

«Non condivido la sentenza di condanna della Corte d'Assise di Catania e lo dichiaro con assoluta convinzione e senza alcun bisogno di attendere, come dicono tutti, le motivazioni della decisione che si avranno solo entro novanta giorni». Lo afferma l'avvocato Giuseppe Lipera, sulla condanna a 17 anni di carcere del suo assistito, Giuseppe Caruso, il 70enne che il 26 aprile del 2013 uccise con quattro colpi di pistola il 27enne Roberto Grasso, sostenendo di averlo ritenuto un ladro che si era introdotto nel suo fondo agricolo
di Puntalazzo di Mascali.

«Impugnerò, nell'interesse del mio assistito e del superiore interesse della Giustizia - annuncia in una dichiarazione il penalista -  questa sentenza, che non credo rispecchi il pensiero della stragrande maggioranza dei cittadini onesti italiani. Caruso Giuseppe ha ucciso, è vero, ma in maniera preterintenzionale e per legittima difesa un ladro, non un onesto cittadino. Si è dovuto difendere, in piena notte, da un giovane che travisato nel volto, si è furtivamente introdotto nella sua proprietà». Secondo l'avvocato Lipera «nel caso del signor Caruso la Corte è stata capace di far diventare il ladro la vittima e colui che voleva difendersi il carnefice».

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