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Cassazione, rideterminare la pena sulla tragedia del depuratore di Mineo: morirono 6 operai

CATANIA. Un annullamento definitivo della condanna e due nuovi processi: uno a quattro imputati per rideterminare la pena, ritenuta eccessiva, e un altro a un sesto imputato che dovrà avere un procedimento che riparte da zero. È la decisione della Cassazione sulla sentenza emessa, il 19 gennaio del 2015, dalla terza sezione penale della Corte d'appello di Catania sull'incidente sul lavoro che l'11 giugno del 2008 nel depuratore comunale di Mineo provocò la morte di sei persone per una concausa legata allo sversamento di idrocarburi nella vasca che gli operai stavano pulendo.

Per la Corte regge dunque l'impianto dell'accusa, sostenuta nei primi due gradi dalla Procura di Caltagirone e dalla Procura generale di Catania, tanto che ha rigettato il ricorso del Comune di Mineo sulla sua responsabilità civile. Esce definitivamente dall'inchiesta il responsabile dell'ufficio prevenzione Giuseppe Virzì, che in primo grado era stato assolto e che in appello aveva avuto tre anni. Dovrà ricominciare, davanti a altri giudici, il processo all'ex assessore ai Lavori pubblici Giuseppe Mirata. Dovranno essere invece rideterminate, da altra Corte d'appello, le pene a cinque anni ciascuno comminate al titolare della ditta Salvatore Carfì e al capocantiere Salvatore La Cognata; e a tre anni e sei mesi al responsabile dell'ufficio tecnico del Marcello Zampino e al suo vice Antonino Catalano.

In primo grado, il 26 novembre del 2012, il Tribunale di Caltagirone aveva comminato condanne per complessivi 17 anni e sei mesi ed assolto l'ex sindaco di Mineo Giuseppe Castania, non presente nel processo di secondo grado. Nell'incidente del depuratore di Mineo, a causa delle esalazioni tossiche in una fase di pulitura, persero la vita sei persone: i dipendenti comunali Salvatore Pulici, Giuseppe Palermo, Natale Sofia, Giuseppe Zaccaria; ma anche due operai della società Carfì: Salvatore Tumino e Giuseppe Smecca.

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