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Morti nella sparatoria di Catania, fu una resa di conti tra i clan Cursoti e Cappello

Si inquadra in un regolamento di conti tra i clan 'Cursoti milanesi' e 'Cappello' la sparatoria dell’8 agosto nel quartiere Librino a Catania, che ha provocato due morti e quattro feriti.

Il contesto è stato ricostruito dai carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale che su delega di della Procura distrettuale hanno eseguito un provvedimento di fermo, emesso dalla Dda, nei confronti di cinque persone accusate, a vario titolo, di omicidio aggravato, tentativo di omicidio, detenzione e porto illegale di armi e lesioni personali, tutti in concorso e aggravati dal metodo mafioso.

Secondo le indagini, la vicenda ha avuto inizio il 7 agosto,  Carmelo Di Stefano, ai vertici dei «Cursoti Milanesi», ha
organizzato una spedizione punitiva nell’esercizio commerciale di Gaetano Nobile (quest’ultimo sottoposto a indagine), colpito ripetutamente anche con caschi moto assieme a Luciano D’Alessandro e Concetto Bertucci,; D’Alessandro è stato poi ucciso nella sparatoria delll'8 agosto, mentre Bertucci è rimasto ferito. Dopo l’aggressione, ricostruiscono gli investigatori, Nobile, per arrivare a un chiarimento con Di Stefano, avrebbe chiesto l’intervento di soggetti appartenenti al clan «Cappello».

E da qui l’incontro dell’8 agosto di circa 20 persone, tutte a bordo di motoveicoli e scooter, e la decisione di recarsi nelle zone di pertinenza dei «Cursoti Milanesi» per rintracciare Di Stefano e gli altri partecipanti al raid del giorno prima nel mini market e ottenere spiegazioni.

Il gruppo di motociclisti, partito da «monte pidocchio» e attraversati i quartieri di San Berillo nuovo e di San Giorgio, all’altezza della strada che conduce al viale Grimaldi, è stato colpito da numerosi colpi di arma da fuoco esplosi con diverse pistole dagli indagati che, preventivamente allertati, a bordo di auto e scooter, avevano pianificato una contromossa, provocando la morte di Luciano D’Alessandro e Vincenzo Scalia, e il ferimento di altre persone. Per gli investigatori Di Stefano, reggente dei «Cursoti Milanesi», avrebbe organizzato il gruppo di fuoco e guidato la violenta aggressione del 7 agosto contro Gaetano Nobile, ma ha anche partecipato materialmente alla sparatoria del giorno dopo finalizzata a uccidere i componenti del clan rivale. A uccidere D’Alessandro, emerge dalle indagini, sarebbe stato Martino Carmelo Sanfilippo, uomo di fiducia di Di Stefano.

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