Dall’obbligo di dimora agli arresti domiciliari: si complica la posizione di Vito Pappalardo, 61 anni, ausiliario in servizio presso il reparto di medicina e chirurgia d’accettazione e urgenza dell’ospedale «Gravina e Santo Pietro» di Caltagirone, coinvolto nell’operazione dei carabinieri «Requiem», nella quale era stato indagato per istigazione alla corruzione.
A distanza di sei mesi la procura della Repubblica di Caltagirone ha chiesto e ottenuto dal gip un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari per peculato. Le indagini del sostituto procuratore Alessandro Di Fede hanno permesso di ricostruire un quadro gravemente indiziario nei confronti di Pappalardo in quanto trovato in possesso, presso la sua abitazione, di un’ingiustificata quantità e tipologia di farmaci, gran parte dei quali a uso esclusivo ospedaliero. Farmaci che Vito Pappalardo ha potuto sottrarre alla farmacia dell’ospedale grazie al suo incarico che gli avrebbe permesso di spostarsi liberamente all’interno del presidio e di accedere ai farmaci destinati ai pazienti. L’indagine è stata condotta anche attraverso intercettazioni telefoniche, e accertamenti specifici dai carabinieri del nucleo antisofisticazione e sanità di Catania che hanno tracciato i medicinali.
Pappalardo a maggio fu coinvolto assieme ad altre otto persone nell’operazione Requiem, scattata a Caltagirone, che ha sgominato un’organizzazione che con minacce e violenze eliminava la concorrenza per accaparrarsi, nell’ospedale di Caltagirone, lo svolgimento dei servizi funebri. In un video si vedevano alcuni componenti impegnati nella ricerca di gioielli sul defunto, nel furto dei dati anagrafici per evitare l’identificazione da parte dei concorrenti, persino di un Rosario dalle mani della salma, oltre che nella rimozione dei biglietti da visita dell’impresa funebre concorrente, dei manifesti delle altre ditte, e nel danneggiamento degli arredi. Gli indagati violavano e depredavano, dunque, le salme all’interno delle camere mortuarie, anche sottraendo i talloncini identificativi, sabotavano le attività delle altre ditte con continui danneggiamenti e, attraverso alcune onlus a loro riconducibili, riuscivano a monopolizzare le attività di trasporto dei degenti non deambulanti.
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