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Sciame sismico nel Catanese, il geologo: "È lo scontro tra la placca africana e quella eurasiatica"

Il vulcanolo dell'Ingv Marco Neri in azione sull'Etna

Le recenti serie di scosse sismiche che hanno interessato numerosi territori comunali della Sicilia Orientale compresa Catania sono state avvertite sino a stamani dalle popolazioni e anche se non sono stati registrati danni a persone, resta alto l'allarme, anche ripensando al cosiddetto "Terremoto di Santo Stefano" di tre anni fa, che invece arrecò gravi danni ad alcune frazioni di Zafferana Etnea e anche una vittima in conseguenza dell'evento sismico.

Il geologo Marco Neri, primo ricercatore dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV) di Catania spiega: «Lo sciame sismico che da ieri sera ha interessato la zona a sud di Motta Sant’Anastasia (la scossa più energetica di magnitudo 4.3, ndr) ed il sisma di questa mattina avvenuto tra Milo e Zafferana Etnea (magnitudo 3.6, ndr), sono probabilmente avvenuti per ragioni diverse: lo sciame di Motta, composto da decine di scosse sismiche, ha ipocentri localizzati dalla rete di monitoraggio INGV a 9-11 km di profondità e ricade in un contesto tettonico che suggerisce l’attivazione di faglie sismogenetiche generate dallo scontro tra la placca africana ed eurasiatica, e quindi direi sostanzialmente che non è direttamente collegabile all’attività vulcanica dell’Etna. Il sisma di Milo-Zafferana di questa mattina, invece, è a noi più “familiare”, intanto perché è più superficiale (l’ipocentro è a 7 km di profondità, seguito da un’unica replica M2.1 a 5 km di profondità), e poi perché ricade in un settore del vulcano, quello orientale, caratterizzato da scosse sismiche molto più frequenti, spesso prodotte dal movimento di faglie che vengono definite “vulcano-tettoniche” proprio per la correlazione più o meno evidente tra la loro attivazione ed i movimenti del magma in profondità».

Eppure, entrambe le scosse sismiche maggiori hanno creato un evidente sconcerto tra la popolazione, considerando le migliaia di post apparse sui principali social network. «È vero. Il sisma M 4.3 è stato risentito praticamente lungo tutta la Sicilia orientale, soprattutto per la sua energia. Il sisma “etneo” di stamane, invece, lo hanno risentito principalmente solo gli abitanti del versante orientale del vulcano, sia perché meno energetico (M 3.6) sia perché la sua relativa superficialità irradia l’energia sismica in un areale più ristretto».

Eppure, sembra, per una strana ironia della sorte, per coincidenza, nella zona etnea i terremoti avvengano sempre in periodo natalizio. Ci sono forse delle ragioni scientifiche o si tratta davvero di semplici coincidenze? E la domanda più ricorrente sui social. «Credo si tratti di semplici coincidenze, avvalorate da una percezione collettiva che negli ultimi decenni effettivamente può mettere a dura prova le convinzioni scientifiche di alcuni di noi. Ad esempio, tutti ricordiamo molto bene il “Sisma di Santo Stefano”, che solo tre anni fa ha arrecato un danno ingente al territorio urbano del versante orientale etneo, colpendo in particolare i Comuni di Zafferana Etnea ed Acireale. Ben più gravi sono state le conseguenze del sisma che il 13 dicembre 1990 ha colpito la zona tra Lentini, Melilli ed Augusta, in cui si contarono diciotto morti e decine di migliaia di senza tetto. Insomma, è come se la Sicilia orientale avesse un conto in sospeso con la tettonica, a dicembre; ma se andiamo ad indagare un periodo di tempo più lungo, di centinaia di anni, ovvero quello proprio quando vuole affrontare la storia geologica di un territorio, vediamo che questa percezione è sostanzialmente errata: i terremoti avvengono in tutti i mesi dell’anno, a prescindere dalle festività natalizie».

È legittimo dunque chiedersi se può esistere una qualche relazione tra i due sismi di Motta e Milo o è una domanda banale? «I due fenomeni sismici sono, in fondo, “figli” della stessa madre: sono generati la particolare contesto geodinamico di “scontro” tra placche tettoniche, ovvero un contesto che si traduce nella formazione di faglie e fratture della crosta terrestre, che quando si muovono generano terremoti e che, allo stesso tempo, consentono al magma del mantello di risalire in superficie e generare il vulcano Etna. Detto ciò, l’unica cosa che possiamo fare, consapevoli di questo contesto potenzialmente pericoloso, è quello di abitare in case “sismo-resistenti”, cioè adeguate a resistere ai frequenti sismi che colpiscono frequentemente la nostra regione».

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