Tre medici assolti e quattro condannati a sei mesi ciascuno per omicidio colposo, con pena sospesa. È la sentenza della terza sezione del Tribunale penale monocratico di Catania del processo a sette medici del reparto di ginecologia e ostetrici dell’ospedale Cannizzaro di Catania per la morte di Valentina Milluzzo, la 32enne alla 19/ma settimana di gravidanza deceduta il 16 ottobre 2016 dopo avere perso, con altrettanti aborti, i due gemelli che aspettava in seguito a una fecondazione assistita.
Assolti, con la formula «perché il fatto non sussiste», il primario Paolo Scollo, il medico del reparto Andrea Benedetto Distefano e l’anestesista Francesco Paolo Cavallaro. Condannati a sei mesi di reclusione ciascuno i medici Silvana Campione, Giuseppe Maria Alberto Calvo, Alessandra Coffaro e Vincenzo Filippello, «in servizio nel reparto e in sala parto, avvicendatisi nei turni di guardia» tra il 15 e il 16 ottobre del 2016.
Il Tribunale ha disposto anche il pagamento di una provvisionale di 30mila euro alla sorella della vittima, Angela Maria Milluzzo, che si era costituita parte civile assistita dall’avvocato Salvatore Catania Milluzzo. Secondo l’accusa «in concorso e cooperazione tra loro cagionavano con colpa il decesso della gestante» ricoverata per minaccia d’aborto in gravidanza gemellare bicoriale. La Procura contesta ai medici «colpa professionale» per «imprudenza, negligenza ed imperizia». In particolare «nella mancata attuazione di una terapia antibiotica adeguata» sia il 14 sia il 15 ottobre, nel «mancato tempestivo riconoscimento della sepsi in atto», nella «mancata raccolta di campioni per esami microbiologici», nella «mancata tempestiva rimozione della fonte dell’infezione: i feti e le placente» e la «mancata somministrazione di emazie durante l’intervento». Tutti eventi, che sostiene la Procura di Catania, avrebbero «determinato il trasmodare della sepsi in shock settico irreversibile con conseguente insufficienza multiorgano e coagulazione intravascolare disseminata», che hanno causato il decesso della paziente. Nel processo non si contestava il fatto che i medici sono obiettori di coscienza. Del caso si occupò anche il ministero della Salute che inviò degli ispettori all’ospedale Cannizzaro.
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