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Dall'inchiesta viene fuori che la sua impresa pagava il «pizzo» senza denunciare: si dimette il presidente di Confindustria Catania

Angelo Di Martino ha espresso «la propria estraneità ai fatti, così come riportati sulla stampa», ma ha deciso di rimettere il mandato «al fine di preservare l’immagine dell’associazione evitando così qualsiasi ulteriore speculazione»

Angelo Di Martino

Il presidente di Confindustria Catania, Angelo Di Martino, titolare di un’impresa che avrebbe pagato il «pizzo» al clan senza denunciare l’estorsione, si è dimesso dall’incarico. La decisione è arrivata durante una riunione d’urgenza del Consiglio di presidenza per valutare il contenuto delle notizie apparse sulla stampa.

«Nel corso della riunione - si legge in una nota dell’associazione degli industriali etnei - il presidente, dopo avere espresso la propria estraneità ai fatti, così come riportati sulla stampa, riservandosi di agire per le vie legali, ha deciso, sentito il Consiglio di presidenza, di rimettere il mandato e di rassegnare quindi le proprie dimissioni, ciò al fine di preservare l’immagine dell’associazione evitando così qualsiasi ulteriore speculazione»

L’inchiesta di cui ha parlato la stampa è quella denominata «Doppio petto», coordinata dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dai sostituti della Dda Assunta Musella e Fabio Saponara, contro la cosca Pillera-Puntina legata al boss Giacomo Maurizio Ieni, basata su indagini della squadra mobile della questura di Catania.

Nel provvedimento cautelare emesso dal gip Sebastiano Di Giacomo Barbagallo, ed eseguito dalla polizia lo scorso primo dicembre, si ricostruisce l’arresto in flagranza di reato di un indagato, Giovanni Ruggeri, bloccato all’uscita dello stabilimento dei fratelli Di Martino con 4.000 euro, che, secondo l’ipotesi della Procura, aveva appena ritirato come «tangente» da pagare al clan. Filippo Di Martino, fratello di Angelo, ricostruisce il giudice per le indagini preliminari, sentito dopo l’arresto «confermava che l’azienda - da circa 20 anni - era sottoposta a estorsione, soggiungendo che l’attività illecita aveva preso avvio con una richiesta di denaro destinato al sostentamento delle famiglie dei detenuti» e che «l'importo, originariamente convenuto in due ratei annuali di 1.000 euro ciascuno, era poi lievitato sino a 4.000 euro, con la consegna, quindi, ogni anno di complessivi 8.000 euro». Analoghe dichiarazioni, aggiunge il gip nell’ordinanza, venivano rese da Angelo Di Martino, spiegando che la decisione era stata «assunta illo tempore dal fratello e, poi, mantenuta nel tempo» e precisando che «le persone a cui corrisponde l’estorsione sono mafiosi e pertanto ha insistito di pagare per evitare ritorsioni e lavorare tranquilli».

L’arresto di Ruggeri fu al centro di commenti tra due esponenti del clan, intercettati dalla polizia. E uno di loro, ricostruisce il gip, «riferendosi a Filippo Di Martino, si manifestava scettico riguardo al fatto che l’iniziativa di denunciare il fatto fosse stata assunta da lui, in quanto, precisava “Questo è vent 'anni che paga”».

Poco prima dell'annuncio delle dimissioni, la decisione era stata chiesta dal presidente dell’associazione «Antimafia e legalità», Enzo Guarnera. «Il presidente di Confindustria di Catania, Angelo Di Martino, sottoposto a estorsione dalla mafia, ha pagato il “pizzo” per venti anni e non ha mai denunciato. Dovrebbe dimettersi subito e, se non lo facesse, dovrebbe sfiduciarlo la sua organizzazione. Se ciò non avvenisse, la vergogna sarebbe infinita per lui e per gli altri associati», aveva detto Guarnera stamattina (4 dicembre) nel corso di un incontro con gli studenti su «Dialoghiamo sulle mafie», con il procuratore generale Carmelo Zuccaro e il giornalista Lirio Abbate. «Aggiungo con rammarico - aveva osservato Guarnera, difensore di storici collaboratori di giustizia - che, nel 2019, Angelo Di Martino è stato insignito del titolo di Commendatore al merito della Repubblica. Se fosse in mio potere lo revocherei».

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