La candidata arrestata a Catania: tutta l'inchiesta, il pm aveva chiesto i domiciliari per otto
Dopo il caso del candidato alla Camera in provincia di Agrigento, Calogero Pisano, prima sospeso dal partito e poi costretto a dimettersi per un vecchio post in cui inneggiava a Hitler, un’altra tegola, a tre giorni dal voto, si abbatte in Sicilia su Fratelli d’Italia, scatenando una «bufera» politica.
L’ex assessore Mirabella
Il fatto è noto da stamattina: una candidata di FdI alle Regionali, ed ex assessore alla Cultura del Comune di Catania, Barbara Mirabella, è stata arrestata e posta ai domiciliari per corruzione dalla squadra mobile della Questura. Secondo la Procura di Catania avrebbe chiesto e ottenuto una «commissione» di 10 mila euro per accelerare una pratica.
L’ex rettore e l'imprenditore
Il gip ha disposto anche la sospensione dall’attività per un anno per l’ex rettore Francesco Basile dall’incarico direttore dell’Uoc della Clinica Chirurgica del Policlinico e per l’imprenditore Giovanni Trovato, che opera nel settore delle forniture ospedaliere.
Dieci indagati
Nell’inchiesta sono indagate dieci persone. Per otto il pm Fabio Regolo aveva chiesto gli arresti domiciliari e per due imprenditori la sospensione dall’attività, ma il gip Sebastiano Fabio Di Giacomo Barbagallo nell’ordinanza ha ritenuto di emettere un’ordinanza cautelare solo per Mirabella, Basile e Trovato.
Il motivo dei domiciliari
Nei confronti dell’ex assessore il gip motiva i domiciliari sottolineando che l'indagata «oltre a strumentalizzare la pubblica funzione per finalità di profitto personale» avrebbe dimostrato «una spiccata abilità nel rappresentarsi e anche condizionare le scelte degli organi di tutte le pubbliche amministrazioni coinvolte a vario titolo nell’inchiesta a cominciare dall’ex sindaco» Salvo Pogliese.
La difesa farà ricorso
La misura cautelare appare «eccessiva» al legale di Mirabella, l’avvocato Enrico Trantino, che annuncia ricorso al Tribunale del riesame «constatando che il provvedimento è stato emesso ed eseguito a pochi giorni dal voto».
Il coordinatore di FdI: richiesta depositata tre mesi fa
Un rilievo, quest’ultimo, evidenziato anche dal coordinatore provinciale di Fratelli d’Italia Alberto Cardillo: «Non può non lasciare attoniti - afferma - la tempistica, soprattutto in considerazione del fatto che la richiesta di misure cautelari parrebbe essere stata depositata ben tre mesi fa».
L'inchiesta
L’inchiesta riguarda due filoni di indagini su Basile, già a giudizio per presunti concorsi universitari «pilotati» all’Ateneo di Catania. È indagando su di lui che si accende un «faro» anche sul 123/mo Congresso nazionale della Società italiana di chirurgia, del quale il professore è il presidente. Secondo la Procura etnea «per ottenere l’incondizionato ausilio dell’assessore per tutte le necessità dell’organizzazione del prestigioso congresso, gli amministratori della New congress srl, a ciò indotti dal Basile, avrebbero accettato di pagare 10.000 euro alla società Expo srl, della quale era socia l'assessore Mirabella, per servizi non necessari all’organizzazione dell’evento». Trovato avrebbe consegnato un contributo di 5.000 euro per «ottenere, grazie all’intervento di Basile, l’incremento da parte del Policlinico dell’acquisto di dispositivi realizzati dalla propria azienda, la Medical Ti Spa».
Le reazioni
L’inchiesta giudiziaria catanese ha innescato, come era prevedibile, anche la reazione di altre forze politiche. Nuccio Di Paola, candidato M5S alla presidenza della Regione, ha detto che l’arresto di Mirabella «non rappresenta certo il miglior viatico per le prossime elezioni regionali che già vedono in corsa per la presidenza un candidato sotto processo nell’ambito del processo Montante». Per il segretario del Pd Sicilia Anthony Barbagallo «il metodo di costruzione delle liste e di gestione del consenso da parte del Centrodestra è purtroppo sempre lo stesso, lo abbiamo contestato più volte e i fatti stanno lì a dimostrarlo». Secondo Claudio Fava, leader di Cento passi, «il quadro che emerge dall’inchiesta catanese racconta una Sicilia in cui la politica, la salute e l’istruzione sono considerati bottino di guerra, proprietà privata, privilegio di furbastri e malversatori».