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Bianco incandidabile, ecco tutte le sanzioni: «Punito chi ha provato a evitare il dissesto»

Enzo Bianco

«Un misto di rabbia, di dolore e di orgoglio». Tre sentimenti in queste ore pesano sull'animo di Enzo Bianco dopo la sentenza della sezione giurisdizionale d’Appello della Corte dei Conti della Sicilia che lo ha dichiarato incandidabile per i prossimi 10 anni. Il provvedimento si basa su indagini erariali avviate sul dissesto finanziario del Comune di Catania.

«Fatico a trovare il modo di commentare quello che si è compiuto ieri a Palermo: chi ha causato realmente il dissesto, certificato già nel 2012 dal predissesto, l’ha fatta franca», commenta l'ex sindaco, che aveva annunciato la sua ricandidatura alle amministrative di fine maggio.

Sentenza esecutiva, tutte le sanzioni

«Il Collegio ritiene ampiamente dimostrata la sussistenza di nesso causale tra la condotta degli appellanti e il verificarsi del dissesto». Secondo la sezione d’Appello della Corte dei conti, sebbene venga riconosciuto che l'amministrazione Bianco ha trovato «una situazione finanziaria già compromessa», le responsabilità restano. La sentenza è esecutiva, tuttavia c'è un tempo di 60 giorni per fare ricorso in Cassazione.

Ecco le sanzioni pecuniarie: Enzo Bianco 38.942,56 euro, Luigi Bosco 22.148,60 euro, Rosario D’Agata 22.148,60 euro, Giuseppe Girlando 35.437,76 80 euro, Orazio Antonio Licandro 11.074,30 euro, Salvatore Di Salvo 22.148,60 euro, Marco Consoli Magnano San Lio 25.556,05 euro, Angelo Villari 22.148,60 euro, Valentina Odette Scialfa Chinnici 22.148,60 euro, Calogero Cittadino 8.564,40 euro, Natale Strano 12.846,60 euro, Fabio Sciuto 12.846,60 euro, Francesco Battaglia 8.564,40 euro, Massimiliano Carmelo Lo Certo 8.564,40 euro.

All'ex sindaco e all'assessore Girlando la Corte certifica una responsabilità maggiore, applicando «una sanzione pecuniaria pari ad otto mensilità della retribuzione mensile». Cinque mensilità invece per gli assessori Bosco, D’Agata, Licandro, Di Salvo, Consoli, Villari, Scialfa. Per loro l'interdizione consiste nel «divieto di ricoprire, per un periodo di 10 anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti e di rappresentante istituzionale».

L'interdizione per Enzo Bianco

L'interdizione per Enzo Bianco è per lui una frustata nel momento in cui aveva lanciato la sua ricandidatura a sindaco di Catania. I giudici contabili hanno accolto parzialmente il ricorso della Procura generale, ribaltando così la sentenza collegiale che aveva dichiarato la sua incompetenza rispetto all’interdizione.

L'ex primo cittadino che è stato anche deputato, senatore e ministro dell'Interno, per un decennio non potrà candidarsi «alle cariche di sindaco, di presidente di Provincia, di presidente di Giunta regionale, nonché di membro dei 79 Consigli comunali, dei Consigli provinciali, delle assemblee e dei Consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo». Ma non solo: per dieci anni non potrà ricoprire «la carica di assessore comunale, provinciale o regionale né alcuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici».

La rabbia di Enzo Bianco dopo la sentenza

Secondo Bianco è stato punito chi ha lavorato per evitare il dissesto. «Insomma, è un incentivo serio per tutti gli amministratori locali a dichiarare il dissesto del proprio comune appena si trovano davanti il primo problema
finanziario. Le accuse a me addebitate riguardano solo 3 voci sulle 800 (entrate e uscite) che compongono il bilancio del
Comune. E tutte insieme rappresentano appena l’1,2% dell’ammontare complessivo. Ecco di cosa parliamo, è bene che si
sappia».

Poi tiene a precisare: «Nessuno, neanche la Corte dei Conti  ha mai affermato che il dissesto è stato causato dall’azione
della mia giunta. La sentenza riguarda il contrario: aver tentato di evitarlo. Ebbene, lo rifarei mille volte! Non dichiarerei il dissesto appena insediato, come avrei potuto realmente fare lavandomene le mani. Mille volte tenterei di evitare il fallimento finanziario della città. Mille volte rifarei gli atti e le azioni svolte per salvare Catania, la mia Catania, dal default che altri - magari chi adesso si permette pure di gongolare - hanno causato con un’infinità di omissioni, debiti fuori bilancio, clientele e sprechi. Tutti sprechi certificati ampiamente dai tribunali. Non a caso quando mi sono insediato nel 2013 Catania era già in predissesto, decretato dalla giunta Stancanelli per il disastro finanziario causato dalle giunte Scapagnini».

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