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Migranti liberati a Catania, presentati i ricorsi alla Cassazione

Dal governo arriva il passo ufficiale contro le ordinanze dei magistrati etnei Iolanda Apostolico e Rosario Cupri. L'Avvocatura dello Stato ha impugnato il mancato trattenimento di 19 tunisini

Migranti nel Cpr di Pozzallo

Dopo settimane di critiche feroci ai giudici, dal governo arriva il passo ufficiale contro le ordinanze dei magistrati di Catania Iolanda Apostolico e Rosario Cupri, che hanno liberato nell’ultimo mese 19 tunisini richiedenti asilo trattenuti nell’apposito Centro creato a Pozzallo (Ragusa), in attesa di essere rimpatriati dopo un rapido esame della domanda. L’Avvocatura dello Stato, fa sapere Palazzo Chigi, ha infatti presentato i ricorsi in Cassazione contro le mancate convalide del trattenimento dei migranti. I ricorsi, si sottolinea, «sottopongono alla Suprema Corte l’opportunità di decidere a Sezioni Unite, per la novità e il rilievo della materia».

Già, perché quello messo in discussione dai giudici catanesi è uno dei capisaldi del decreto Cutro, nella parte che introduce procedure accelerate alla frontiera per chi arriva da un Paese inserito nella lista di quelli sicuri, come è appunto la Tunisia. In sostanza, l’iter prevede che la decisione sulla domanda di asilo venga evasa in quattro settimane e, in questo periodo di tempo, i richiedenti siano trattenuti un centro di accoglienza per essere subito rimpatriati in caso di diniego. I magistrati della sezione immigrazione del tribunale etneo hanno però bocciato il provvedimento del governo, non convalidando i trattenimenti chiesti dal questore di Ragusa perchè violerebbero la direttiva europea 33 del 2013. Secondo Apostolico e Cuprì il richiedente non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda; la procedura di frontiera avrebbe dovuto inoltre essere svolta a Lampedusa, luogo di sbarco, dove il migrante ha manifestato la volontà di chiedere protezione e, infine, il pagamento di una somma a garanzia (i famosi 5mila euro) come mezzo per evitare il trattenimento è incompatibile con le norme Ue secondo cui il trattenimento può esser disposto solo sulla base di una valutazione caso per caso, quando «non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive».

Nei ricorsi l’Avvocatura dello Stato affronta i punti critici della motivazione delle ordinanze impugnate, in particolare il riferimento alla violazione della direttiva Ue. In proposito, sostiene la presidenza del Consiglio, «a differenza di quanto sostenuto nelle ordinanze, la direttiva prevede procedure specifiche alla frontiera o in zone di transito, per decidere sulla ammissibilità della domanda di protezione internazionale, se il richiedente non ha documenti e proviene da un Paese sicuro». Poi, prosegue, la stessa normativa europea «stabilisce alternativamente il trattenimento o il pagamento di una cauzione, e quindi non vi è ragione per disapplicare i decreti del questore che fissano l’uno o l’altro». Inoltre, «la direttiva contempla la possibilità che il richiedente sia spostato in zona differente da quella di ingresso, se gli arrivi coinvolgono una quantità significativa di migranti che presentano la richiesta». E infine, «in caso di provenienza del migrante da un Paese qualificato sicuro, deve essere il richiedente - sottolinea Palazzo Chigi - a dimostrare che, nella specifica situazione, il Paese invece non sia sicuro, senza improprie presunzioni da parte del giudice».

Nella foto il Cpr di Pozzallo

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