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Guerra di mafia nel Catanese, nomi e foto dei 26 arrestati: c'è anche un carabiniere

Ventisei persone sono state arrestate dai carabinieri del Comando Provinciale di Catania, supportati dai reparti specializzati (Squadrone Eliportato Carabinieri “Cacciatori di Sicilia”, Compagnia di Intervento Operativo del XII° Reggimento Carabinieri “Sicilia” e Nucleo Elicotteri di Catania), nelle province di Catania e Reggio Calabria

Sono accusate di associazione mafiosa, omicidio, estorsione in concorso, furto, ricettazione e riciclaggio in concorso, detenzione e porto illegale di arma clandestina, trasferimento fraudolento di valori e corruzione, con l’aggravante del metodo mafioso.

Sono appartenenti al sodalizio criminale denominato dei Tuppi, operante nel territorio dei Comuni di Misterbianco e Motta Sant’Anastasia, attualmente confederato alla famiglia mafiosa dei Mazzei, storicamente affiliata a “Cosa Nostra”,

Tra gli arrestati figura anche un carabiniere.

Il provvedimento, emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari di Catania, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, trae origine dalle dichiarazioni del collaboratore Luciano Cavallaro, esponente storico  del gruppo mafioso dei ‘Tuppi’, che, attivo nella gestione delle illecite attività, era in contrapposizione con il gruppo del ‘Malpassotu’, della famiglia Santapaola, facente capo a Giuseppe Pulvirenti.

Una contrapposizione sul finire degli anni Ottanta che scaturì in una vera "guerra" tra fazioni per il controllo del territorio, che vide soccombere il gruppo facente capo a Mario Nicotra (denominato “Mario u tuppu”) ucciso il 16 maggio 1989, motivo per il quale gli esponenti dei Tuppi furono costretti ad emigrare in Toscana.

I numerosi omicidi che ne scaturirono sono confermati dalle dichiarazioni di numerosi collaboratori provenienti dal clan del ‘Malpassotu’ e dalle conseguenti sentenze già emesse nei confronti della famiglia mafiosa dei Tuppi.

Nel febbraio del 2016 prese avvio un'indagine che si concluse nell'aprile del 2018 da parte del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Catania e dall’Aliquota Carabinieri di questa Sezione di P.G., che conferò quanto detto dal collaboratore Luciano Cavallaro. Gli investigatori riscontrarono l'operatività, sul territorio di Misterbianco, della famiglia mafiosa dei ‘Tuppi’ che, rientrata a Misterbianco dopo che il clan ‘Malpassotu’ era stato debellato dalle numerose iniziative giudiziarie, alleatasi con la famiglia dei ‘Mazzei’.

Le indagini hanno consentito di ricostruire l’attuale organigramma del sodalizio criminale dei Tuppi che vede al vertice l'anziano e carismatico Gaetano Nicotra, detto "zio Tano", fratello diMario Nicotra, il quale è coadiuvato, nella gestione degli affari e nella direzione dei singoli affiliati, dal fidatissimo Antonino Rivilli. Anche il nipote Tony Nicotra, ritornato in libertà dal 17 febbraio 2017, aveva ripreso il controllo della cosca e si era avvalso della "collaborazione" del giovane fratellastro Gaetano Nicotra, del ''figlioccio', Carmelo, Guglielmino e di Daniele Musarra Daniele.

Alle strette dipendenze di Rivilli e di Tony Nicotra operava il "gruppo di Motta Sant'Anastasia", capitanato da Daniele DiStefano, il quale, a sua volta, si avvaleva del fratello, Filippo Distefano, e di Filippo Buzza, Domenico Agosta, Gaetano Indelicato, Francesco Spampinato e Giuseppe Piro.

Dalle indagini sono emersi particolari che hanno consentito di contestare, per la prima volta, al gruppo dei Nicotra i reati di associazione mafiosa ed altri reati, tra i quali l’omicidio di Paolo Arena, anche ai capi ed affiliati del gruppo dei ‘Tuppi’ che, a causa dell’allontanamento in Toscana, non era stato sottoposto a procedimenti per mafia per i fatti di Misterbianco.

Luciano Cavallaro, inoltre, parlò di Gaetano Nicotra come mandante dell'omicidio del 28 settembre 1991 ai danni di paolo Arena, esponente di spicco della Democrazia Cristiana etnea, che venne assassinato a Misterbianco con colpi di fucile esplosi da due ignoti sicari; fatto riscontrato dagli inquirenti.

Le indagini avevano portato a ritenere che il fatto di sangue potesse essere legato ad ingerenze criminali negli affari politici ed economici del Comune di Misterbianco. Proprio in relazione alla carica politica ricoperta, Paolo Arena aveva intrattenuto relazioni illecite con Mario Nicotra e, dopo l’omicidio dello stesso per mano del clan Pulvirenti, aveva allacciato rapporti affaristici con quest’ultimo gruppo.

L’appoggio garantito da Arena al clan Pulvirenti era per i restanti appartenenti al clan Nicotra un vero e proprio tradimento e per questo il politoc doveva essere ucciso. L’ipotesi investigativa dell’epoca è stata confermata dall’esame delle dichiarazioni fornite dai collaboratori di giustizia e dall’analisi di atti di procedimenti instaurati in Toscana nei confronti degli esponenti apicali dei Tuppi durante la loro permanenza in quell’area.

Il nome “Gisella” dato all’indagine è il nome in codice utilizzato nei colloqui telefonici dai giovani sodali che costituiscono il gruppo di “Motta”,  per indicare il “capo”, Antonino Rivilli. Il gruppo Motta interviene per ‘sistemare’ situazioni sconvenienti provocate dalle attività illecite degli affiliati, dando loro disposizioni che i componenti del gruppo sono tenuti a rispettare.

Attività preminente del gruppo di Motta è quella dei furti di veicoli agricoli perpetrati in danno di aziende nelle provincie di Catania ed Enna, furti finalizzati a richieste estorsive avanzate nei confronti degli interessati per la restituzione dei mezzi. Trascorsi tre giorni senza che qualcuno avesse fatto richiesta di restituzione del mezzo, si procedeva alla vendita del veicolo mediante intermediazione di soggetti incaricati da Daniele Distefano o dal suo "braccio destro" Filippo Buzza, dove uno dei due interpellava telefonicamente i mediatori utilizzando una terminologia allusiva e trasmettendo, tramite l'applicazione "Whatsapp", le fotografie scattate ai mezzi per potenziali acquirenti. Venivano utilizzate SIM card intestate a soggetti extracomunitari e/o dell'Est europeo mediante il cosidetto metodo "citofonico", per effettuare conversazioni "dedicate".

Il 31 marzo 2017, gli investigatori hanno trovato e sequestrato, durante una perquisizione domiciliare effettuata presso l'abitazione del pregiudicato Sebastiano Sozzi, una pistola calibro 9 corto a salve – modificata in arma comune da sparo - con relativo munizionamento.

Dalle intercettazioni telefoniche tra Buzza e Distefano e Sozzi era emerso che quest'ultimo aveva commissionato l'arma ai due affiliati dell'organizzazione dei Nicotra.

La forte presenza sul territorio è riscontrata anche dall’infiltrazione del sodalizio nelle istituzioni: le indagini attestano infatti che il gruppo veniva agevolato da un carabiniere della stazione di Motta Sant’Anastasia (arrestato), il quale forniva informazioni sulle attività del proprio ufficio, orientando il gruppo nella programmazione dei reati.

In particolare, il militare, dal mese di gennaio al mese di aprile 2017, in cambio di soldi, riferiva a due affiliati informazioni riservate, rivelazione dell’identità dei confidenti e modalità su come sottrarsi alle attività di controllo). Il carabiniere è indagato per corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio, con l’aggravante di favorire e agevolare il citato sodalizio mafioso.

Le indagini hanno documentato come i componenti del sodalizio siano molto attivi nel rilevare attività economiche riconducibili a terzi che hanno maturato debiti nei loro confronti come: la macelleria di Piano Tavola il cui gestore era sottoposto ad usura ed estorsione, motivo per il quale era fuggito a Malta e il Night Red Lips, un locale di intrattenimento, mascherato da associazione culturale.

Gli accertamenti patrimoniali svolti nei confronti di Rivilli, Agosta e Guglielmino hanno consentito anche di evidenziare la sproporzione tra le capacità reddituali ufficialmente dichiarate dagli indagati ed il valore dei beni rientranti nei rispettivi patrimoni.

Al termine dell'indagine sono stati sequestrati beni mobili ed immobili per un valore complessivo di oltre 1.500.000 euro.

A Rivilli è stata sequestrata una villa ed un terreno nel comune di Belpasso, ad Agosta due imprese individuali a Belpasso ed un’associazione culturale a Motta S. Anastasia e a Guglielmino un’abitazione, un magazzino, una bottega a Misterbianco e un terreno a Belpasso. Ai tre indagati sono stati sequestrati numerosi rapporti finanziari ed assicurativi.

Gli arrestati sono: Domenico Agosta, Emanuele Agosta, Giuseppe Avellino, Filippo Buzza, Rosario Salvatore Cantali, Gianfranco Carpino, Luca Destro, Vincenzo Di Pasquale, Daniele Distefano, Filippo Distefano, Carmelo Guglielmino, Gaetano Indelicato, Alfio La Spina, Carlo Marchese, Saverio Monteleone, Daniele Musarra Amato, Antonino Navarria, Antonio Nicotra, Gaetano Nicotra (classe 1979), Gaetano Nicotra (classe 1951), Lucia Palmeri, Emanuele Parisi, Antonino Rivilli, Giovanni Sapuppo, Francesco Spampinato e Giuseppe Piro (già detenuto).

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