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Enna, Linguaglossa e Bronte "adottano" gli studenti della Sierra Leone: il "Progetto Scuola"

Può un film diventare uno strumento di conoscenza e far nascere nella coscienza di decine di migliaia di studenti e dei loro docenti un sentimento di solidarietà verso l’Africa? È quello che è successo con il Progetto Scuola legato al film Balon, regia di Pasquale Scimeca, presentato alla Feltrinelli di Palermo.

La visione del film – proiettato in più di 50 scuole in tutta la Sicilia - e i dibattiti che ne sono seguiti, hanno stimolato iniziative di solidarietà che hanno coinvolto gli studenti, le loro famiglie e i docenti di molti Istituti scolastici, che hanno autonomamente deciso di “adottare” delle scuole di altri villaggi della Sierra Leone, inglobandole nelle loro attività didattiche, pagando i maestri e fornendo i materiali per lo studio (quaderni, penne, libri, lavagne e così via).

Ad oggi sono tre le scuole siciliane che hanno deciso di portare avanti questi progetti: Enna, Linguaglossa e Bronte (e molte altre si stanno organizzando) scuole che hanno deciso di finanziare i progetti, non con soldi pubblici, ma con la raccolta volontaria di fondi tra gli studenti e i docenti.

Il Progetto più generale, al quale hanno contribuito più di quindicimila studenti delle scuole medie e delle superiori, di tutta la Sicilia, da Palermo a Pozzallo, prevede: la costruzione di una scuola per i bambini del villaggio di Rochain Mende in Sierra Leone, dove il film è stato girato, la donazione di una pompa e il depuratore per rendere potabile l'acqua del pozzo, la fornitura di medicine e attrezzature sanitarie, per la cura della malaria e delle malattie più comuni di cui soffrono gli abitanti del villaggio infine, la costruzione di un campetto di calcio e la fornitura di palloni, scarpette e divise.

Il progetto è promosso dall'Arbash, in collaborazione con Engim (Ente Nazionale Giuseppini del Murialdo), i Missionari che operano da più di 30 anni in Sierra Leone. “In Europa - afferma Scimeca - si sta diffondendo sempre di più un sentimento di paura e di smarrimento, che spesso sfocia in atteggiamenti di odio e razzismo, provocato dall’arrivo dei profughi e dei migranti provenienti dall’Africa e dagli altri Paesi poveri del mondo. I giovani sono quelli più esposti a questo fenomeno, dovuto a una cattiva informazione o più semplicemente alla completa ignoranza sulle condizioni di vita del continente africano e sui motivi che spingono le persone a fuggire dai loro Paesi per cercare rifugio in Europa”.

“Io credo - prosegue il regista - sia necessario fare qualcosa per contrastare questo sentimento attraverso la conoscenza dei problemi, non in astratto, ma con il concreto racconto della storia di due ragazzi che vivono nel villaggio di Rochain Mende in Sierra Leone. Uno dei tanti Paesi dell’Africa Sub-sahariana, il cui reddito medio della popolazione non supera i due euro al giorno, una persona su due è analfabeta, nella maggior parte dei villaggi non c'è luce elettrica né acqua potabile, si mangia una volta al giorno, e i medici, gli ospedali e le medicine sono una rarità, per cui tanti, troppi bambini, muoiono prima di aver raggiunto i cinque anni d'età”.

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