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Catania, concorso truccato e corruzione: nei guai due primari e un imprenditore

Episodi di corruzione nella somministrazione di un integratore alimentare prescritto ai pazienti in cambio di denaro e un concorso truccato per sei posti di nefrologo bandito dall’Asp di Catania. Dopo le indagini della Squadra mobile di Catania, sono stati indagati Giovanni Giorgio Battaglia, di 69 anni, direttore dell’Uoc Nefrologia e Dialisi dell’ospedale di Acireale, Antonio Granata, di 57 direttore dell’Uoc di Nefrologia del Cannizzaro, Mario Mancini, di 52 anni, della Mediform Italia. Su disposizione del gip i due primari sono stati interdetti e sospesi dall’attività di partecipazione a qualsiasi titolo alle procedure di esami e concorsi pubblici per otto mesi. A Battaglia e alla Mediform Italia è stato imposto il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione per sei mesi.

I reati ipotizzati sono a vario titolo quello di corruzione per l’esercizio della funzione e falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale. Nel primo episodio la polizia ha scoperto gravi fatti commessi da Antonio Granata e Giovanni Giorgio Battaglia, il primo componente, il secondo presidente della commissione esaminatrice del concorso pubblico per sei nefrologi indetto dall’Asp di Catania. I due primari sono accusati di avere alterato i voti assegnati ai singoli elaborati in funzione della posizione in graduatoria che intendevano assicurare ad alcuni candidati, oltre ad attestare falsamente, nei verbali redatti in occasione della procedura concorsuale, che i voti finali riportati dai singoli elaborati, erano stati assegnati prima della individuazione dei nominativi dei candidati che li avevano redatti.

Nel secondo caso è emerso un caso di corruzione: uno dei due primari Antonio Granata avrebbe prescritto ai suoi pazienti integratori alimentari commercializzati dalla Mediform Italia riconducibile a Mario Mancini in cambio di svariate somme di denaro pari a mille euro al mese. Granata è anche indagato per falso ideologico perché, durante la pandemia e all’esito della positività di un suo prossimo congiunto, avrebbe indotto in errore un dirigente medico e un coordinatore infermieristico in servizio presso l’Unità Operativa Complessa del Cannizzaro da lui diretta; in particolare attestava falsamente che il tampone per la diagnosi del virus fosse relativo a soggetto diverso dal prossimo congiunto effettivamente contagiato.

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