«Angelo mio, angelo mio...». Così, con una mano sulla bara, il nonno paterno, Giovanni Del Pozzo, ha «accompagnato» la salma della nipotina Elena dal luogo del ritrovamento al carro funebre, a Mascalucia, in provincia di Catania. In lacrime anche la nonna e la zia paterna. Già qualche ora prima, arrivando sul posto, il nonno aveva urlato disperato: «È mia nipote, non mi toccate, fatemi passare, voglio il suo corpo è mia...».
Parla anche la moglie, Rosaria Testa, nonna paterna della bambina, nel luogo del ritrovamento del corpo della nipotina di cinque anni. «Avevamo creduto dice alla storia degli uomini incappucciati: non avevamo ragione di non credere. Elena era una bimba meravigliosa». Poi ricorda le fasi del recente passato. «Quando hanno litigato, non voleva andare via da casa - dice la nonna distrutta dal dolore -. Un giorno la mamma le stava dando botte e gliela abbiamo dovuta togliere dalle mani. Quella mattina l’ho accompagnata a scuola e le ho detto “nessuno ti vuole bene più di me”. Lei mi ha guardata e mi ha fatto capire che aveva capito quello che avevo detto. La madre aveva un atteggiamento autoritario e aristocratico. Decideva lei quando portarci la bambina».
«Non credevamo possibile una cosa del genere. Un rapimento - riprende il nonno - era impensabile. Non si poteva immaginare quello che è successo. Mi sembra tutto così strano, assurdo. La madre di Elena era una ragazza molto chiusa, ma non riesco a spiegarmi il motivo di quello che è accaduto. Ma adesso chi è stato deve pagare, anche chi l’ha eventualmente aiutata».
«C’è un angelo in paradiso - commenta il parroco di Massannunziata, frazione di Mascalucia, e rettore del santuario di Monpilieri, padre Alfio Privitera - o una mamma che non stava bene psicologicamente o qualcuno ha combinato qualche pasticcio. La nostra società ha gli eroi e i disgraziati. Che questa vicenda diventi un motivo per riflettere sul valore della vita è sull'assistenza da fare alle persone che non stanno bene con la testa».
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