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Elena uccisa dalla madre per gelosia, temeva che si affezionasse alla nuova compagna del padre

Confessa davanti ai carabinieri e alla Procura: «L’ho uccisa io Elena». Con una serie di coltellate al collo e alla schiena. Poi questa madre di 23 anni ha preso il corpicino, lo ha messo in dei sacchi neri e lo ha seppellito nel terreno vicino casa. È crollata dopo un’intera notte d’interrogatorio Martina Patti. Ma non ha spiegato il folle gesto né la dinamica esatta dell’omicidio. Appare «assente e distante» dice chi indaga dopo aver ascoltato la donna ammettere di aver assassinato la bambina dopo averla presa ieri all’asilo a Tremestieri Etneo ed avere simulato il suo rapimento da parte di un commando armato.

Dice di avere agito da sola

La giovane madre ammette dunque le sue colpe e dice avere agito da sola, versione confermata dagli inquirenti che parlano di un «orrendo crimine commesso in maniera solitaria» ma che non hanno ancora chiuso le indagini. Ma sul movente fa scena muta. «È rimasta sul vago - spiegano i carabinieri - come se non si fosse resa conto di quello che ha fatto. È come se avesse detto "L’ho fatto ma non so perché"». Per gli investigatori c’è però un’ipotesi: la gelosia. Nei confronti dell’attuale convivente dell’ex compagno Alessandro Del Pozzo, 24 anni. E gelosia per l’affetto che Elena mostrava nei confronti della nuova compagna del papà. «Non tollerava che vi si affezionasse anche la propria figlia», dicono gli inquirenti. Le indagini hanno portato alla luce un «triste quadro familiare»: dietro una gestione «apparentemente serena» della bambina, c’erano tensioni e liti.

Un «delitto premeditato»

Una rabbia che sarebbe covata dentro Martina fino al punto da portarla, secondo i carabinieri, a premeditare il delitto con un piano studiato nei dettagli. «Prima di andare a prendere la bambina all’asilo, la donna si è procurata una pala e una zappa e le ha portate sul luogo», hanno affermato i carabinieri nel corso della conferenza stampa. La scintilla potrebbe essere stata la sera trascorsa da Elena con i nonni paterni e la felicità dimostrata dalla bambina nel frequentare la donna che sarebbe potuto diventare la sua matrigna. La sera prima di essere uccisa, infatti, la bambina dorme dai nonni. La mattina dopo la zia l’accompagna all’asilo e la madre la va riprendere alle 13.30 e torna a casa, a Mascalucia. Poi Martina Patti esce nuovamente con l’auto, per creare un diversivo e ritorna nell’abitazione. È in quel lasso di tempo che sarebbe stato commesso il delitto, tra l’abitazione e il terreno abbandonato a seicento metri di distanza, dove la madre ha fatto seppellire il corpicino che era nascosto in cinque sacchi di plastica nera e semi sotterrato, con una pala e un piccone che tenevano in giardino.

Il falso sequestro

Poi fa scattare la messa in scena: avvisa per telefono del falso sequestro i genitori e il padre di Elena, torna a casa e subito dopo, accompagnata dalla madre e dal padre, va dai carabinieri a denunciare l’accaduto. Ai militari dell’Arma associa il rapimento ad alcune minacce che nel 2021 l’ex convivente aveva trovato davanti al cancello di casa per una rapina per la quale Del Pozzo era stato arrestato nel 2020 e poi assolto per non avere commesso il fatto. Una versione che non convince gli investigatori, che però la verificano e che infatti viene smentita dalla visione di immagini riprese da telecamere di sicurezza della zona interessata: non c’è alcun commando armato che ha sequestrato la bambina nell’orario e nel luogo indicati da Martina.  Così, messa sotto pressione per ore dagli investigatori, la donna confessa: sono stata io, l’ho uccisa. L’arma sarebbe un coltello da cucina, che però non è stato trovato. Un primo esame effettuato dal medico legale «ha evidenziato ferite da armi da punta e taglio alla regione cervicale e intrascapolare», dice la procura, che ha disposto l’autopsia per stabilire con certezza come è morta la piccola.

Le accuse della cognata

Nel campo in cui è stato ritrovato il corpicino di Elena sono arrivati i nonni paterni, sconvolti e in lacrime. «Non si poteva immaginare quello che è successo - dice il nonno, Giovanni Dal Pozzo - mi sembra tutto così strano, assurdo. La madre di Elena era una ragazza molto chiusa, ma non riesco a spiegarmi il motivo di quello che è accaduto. Ma adesso chi è stato deve pagare, anche chi l’ha eventualmente aiutata». La zia paterna, Martina Vanessa Del Pozzo, accusa la cognata esplicitamente: «Martina Patti voleva incastrare mio fratello». Per gelosia secondo i carabinieri del comando provinciale di Catania. E della Procura distrettuale etnea che, raccolta la confessione, firma un provvedimento di fermo per omicidio premeditato pluriaggravato e occultamento di cadavere. Per Martina scatta anche il reato di false informazioni al pubblico ministero: per aver inventato l’inesistente rapimento.

L'avvocato difensore

«È stato un interrogatorio drammatico» di una «donna distrutta e molto provata che ha fatto qualcosa che neppure lei pensava di poter fare», agendo come se «qualcuno si fosse impadronito» di lei, dimostrandosi «tutt’altro che fredda e calcolatrice», spiega l’avvocato Gabriele Celesti che difende Martina Patti. «Farò incontrare la mia assistita con uno psichiatra di fama - aggiunge il penalista - per verificare le sue condizioni e dopo decideremo sulla perizia. Devo dare atto di grande correttezza ai carabinieri e alla Procura».

«Triste quadro familiare»

Una vita di coppia segnata da dissidi e litigi intensi. Poi il tentativo di entrambi di rifarsi una vita, ma con i contrasti tra loro e tra le famiglie che si sono acuiti nel tempo. Uno scambio di veleni e accuse, tenuti sotto traccia e poi esplosi all’improvviso in tragedia. È la vita di coppia di Alessandro Del Pozzo, 24 anni, lavori saltuari, e Martina Patti, 23 anni, una vita a casa con la famiglia e gli occhi puntati sulla figlia Elena. È il «triste quadro familiare» che emerge all’analisi della Procura di Catania, un quadro «costituito da due ex conviventi che, a prescindere dalla gestione apparentemente serena della figlia Elena, avevano allacciato nuovi legami e non apparivano rispettosi l’uno dell’altro». Inoltre, è la ricostruzione dei pm, Martina Patti soffriva del nuovo legame che l’ex convivente aveva con una donna: una relazione che stava funzionando e che rendeva felice anche Elena. Martina avrebbe così avuto una crisi di abbandono, temendo di perdere anche la figlia, e per questo avrebbe cercato di rallentare e ostacolare gli incontri con i nonni paterni e la famiglia del padre. Che dal canto loro accusavano esplicitamente la donna di picchiare la piccola e di far di tutto per incastrare l’ex.

 

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