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Urus Lamborghini sullo sterrato lavico dell'Etna: ecco le prestazioni del Suv di lusso

La Lamborghini Urus sullo sterrato lavico dell'Etna

Dalla Baia delle Sirene al tetto del Mediterraneo, risalendo l’autunno siciliano in tutte le sue gradazioni di colore, atmosfere, intensità. Urus Lamborghini alla prova dell’Etna è una profonda scarica di adrenalina, attraverso un mondo fatto a strati: la cenere piovuta con le ultime eruzioni, la prima neve appena caduta, in alto, la lava raffreddata diventata terreno, in basso.

Ottobre a Taormina, la partenza, può essere da bagno in mare. La sommità del vulcano è invece una stagione in meno, con nuvole che chiudono qualsiasi paesaggio e un attimo dopo il vento freddo le spazza via. Ecco la cima, ecco il mare, ecco le strade dove si cimentano i partecipanti all’Esperienza Dinamica Terra, organizzata dalla Casa del Toro per vivere le potenzialità del «super Suv», lanciato nel 2017, focalizzandosi sulle sue prestazioni nello sterrato.

Tutto sull'Etna cambia più rapidamente, va dove lo portano gli elementi, ma si adatta in fretta. È il luogo giusto per lasciarsi ispirare dalle sei modalità (strada-sport-corsa-terra-sabbia-neve) e dalle multiformi personalità della potentissima Urus di Sant'Agata Bolognese. Da poco ha compiuto l’ultima impresa, attraversando due volte l'Umling La, a più di 5.800 metri, nell’Himalaya indiana, la strada motorabile più alta al mondo. Era stata la prima Lamborghini a sbarcare in Islanda, affrontando sabbia, neve, roccia. Aveva dato prova di versatilità tra le dune giganti di Dubai e tra i surfisti delle spiagge portoghesi di Nazaré. «Unlock any road» è la filosofia di quest’auto da poco meno di 2.200 kg di peso, che tiene insieme l’anima e l’agilità delle supersportive del Toro con qualcosa di differente, la possibilità di divertirsi fuori strada, mantenendo comfort e sicurezza. Anche chi non è mai salito su una vettura del genere viene subito colpito da un’idea: la facilità. Il concentrato di meccanica e tecnologia ha infatti come risultato un’esperienza di guida estremamente semplice. Una volta prese le misure visive alle grandi dimensioni dell’Urus e al piccolo lunotto posteriore (è una Lamborghini a tutti gli effetti con tanta carrozzeria e pochi cristalli, due terzi e un terzo), si apprezza il cambio automatico a otto marce, rapporti corti per le marce basse e più lunghi per quelle alte. In autostrada, non c'è quasi bisogno di far nulla, se non tenere il volante, godersi la posizione: dominanti sul traffico come dev'essere un Suv, circondati da spazio e tecnologia - l’«infotainment Lis III» ricco e sufficientemente intuitivo - ma allo stesso tempo c'è la sensazione di sportività, seduta bassa del conducente e dei passeggeri, poca aria tra tettuccio e testa. Comodità e dinamicità si fondono.

Poi, imboccata la salita verso il Rifugio Sapienza, è tempo di cambiare assetto. Prima Corsa, più adeguato alla pista, poi Sport, prediligendo quest’ultima modalità per i tornanti che attraversano terre ricche di fichi d’india, ulivi, faggi poi castagneti e via via che si sale la vegetazione che cede il passo alle pietre laviche, a tratti zigzagando tra la cenere, rimasta a formare pozzanghere nere e insidiose sull'asfalto. Per selezionare la modalità c'è sulla consolle centrale la levetta «Anima» per controllare i sistemi dinamici in base alle condizioni della strada, o a quello che gradisce chi è al volante. Quando si passa a Corsa o Sport, si percepisce subito la trasformazione, il timbro diverso del motore, il cambio improvviso di voce e di carattere della Urus, pronta a crescere, scatenando i suoi 650 cavalli a 6.000 giri/min (6.800 giri/min max) del V8 biturbo in alluminio da 4 litri, montato frontalmente. Le curve del vulcano disegnate in modalità Sport evidenziano le potenzialità del «super Suv», capace di spianare la salita con minima pressione dell’acceleratore, ma di rimediare anche alle imperfezioni del conducente neofita.

La pendenza non è un problema, quando si sterza veloce e ci si aspetterebbe di slittare, si ritrova subito stabilità grazie al sistema sterzante posteriore introdotto con la Aventador S e qui riproposto. A basse velocità, il raggio di sterzata è ridotto e la macchina più manovrabile. Accelerando, l’angolo di sterzata posteriore si allunga, portando, appunto, stabilità e dinamica ottimale.

Quando si scende dall’altro versante, una strada appena meno tortuosa ma non meno divertente, con qualche rettilineo tra le piante di pistacchio di Bronte o il borgo di Linguaglossa, il freno motore fa sperimentare sicurezza, consentendo di spingersi anche un po’ oltre la velocità di crociera. Alla Cava di Nicolosi, la Urus ha nel frattempo dimostrato quello che può fare sulla terra e sui sassi. Si clicca Anima sul cruscotto, poi su «Solleva» e le sospensioni adattative si adeguano automaticamente: il Suv si alza. Le sospensioni «crescono» di 40 millimetri in modalità terra, ma si può fare anche un «extralift»: la vettura, entro i 35 km/h riesce ad alzarsi ancora di più. La maggiore altezza consente di superare con efficienza gli ostacoli, anche grazie alle barre antirollio che, in curva, assicurano un movimento asimmetrico e indipendente per ottimizzare la trazione. L’effetto è che il terreno accidentato si sente pochissimo, viene come divorato, la sensazione è quella di passarci sopra con un cingolato silenzioso, ma agile, incapace di slittare e con uno sterzo preciso e controllabile.
Provata sullo sterrato a maggiori velocità, slalomando e controsterzando per gioco in uno spiazzo all’interno della cava, Urus rimane manovrabile anche quando chi è al volante si è convinto ormai di dover interrompere, di averla perduta. Quando la si guida così, alla fine si scende come da un’attrazione al «luna park». Scombussolati, ma elettrizzati.

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