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La donna morta a Giarre: ecchimosi, fratture, sangue in casa, ecco perché il convivente resta in carcere

Leonardo Fresta resta in carcere. Non gli è servito proclamarsi non colpevole dell'omicidio della convivente Debora Pagano per tornare in libertà. E in una nota la Procura spiega perché l'uomo di quarant'anni, di Giarre, non è stato creduto. Contro di lui pesano una serie di indizi che hanno indotto il gip di Catania Simona Ragazzi a convalidare il provvedimento di fermo emesso domenica scorsa nel suoi confronti per l'omicidio di Debora Pagano, mamma di una bambina di sette anni, che non era in casa perché ospite dei nonni materni a Letojanni.

Ecco quali sono. Innanzitutto, «lo stacco temporale di oltre un giorno e mezzo - sottolineano i magistrati - tra il momento della morte e quello in cui è stato dato avviso dallo stesso Fresta al 118, pur essendosi questi, a suo dire, immediatamente reso conto del decesso». Questo è stato il primo elemento che ha indotto i carabinieri a sospettare del convivente. In effetti, la Procura ritiene che Debora Pagano, 31 anni (e non 32 come era stato detto finora) sia morta venerdì sera.  Lo stesso Fresta ha detto di averla vista morta venerdì. Eppure, solo nella giornata di domenica Fresta ha chiamato i soccorsi. Perché? L'avvocato difensore, Salvatore La Rosa, aveva detto che il suo assistito era rimasto per tutto il tempo in stato di choc. Una versione alla quale gli inquirenti non credono.

E non credono a Fresta anche perché ci sono numerosi altri particolari che vanno in direzione dell'omicidio. In secondo luogo, hanno pesato infatti «le contradditorie versioni rese al personale sanitario del 118 intervenuto sui luoghi, rispetto a quelle fornite nell'immediatezza dei fatti alla polizia giudiziaria, nonché rispetto a quelle rese in sede di interrogatorio». Insomma, troppe verità equivalgono a nessuna verità.

Ma la Procura pone l'accento anche su elementi oggettivi. In particolare, sul fatto che siano «state rilevate sul corpo della vittima, da parte del medico legale, indicazioni tali da poter ragionevolmente escludere la causa naturale del decesso, in forza della presenza di numerose ecchimosi riscontrate in varie parti del corpo e della frattura dello sterno e di una costa». Si pensa dunque ad una morte violenta, di certo non naturale.

Viene poi data la giusta importanza alla «presenza, rilevata mediante l'utilizzo del Luminol, di diffuse tracce ematiche all'interno dell'abitazione anche in ambienti diversi dal bagno, nonché una generalizzata, ed ingiustificata per le circostanze, opera di pulizia dei luoghi». Infine, particolare di certo non secondario, l'acquisizione di immagini dei sistemi di videosorveglianza della zona e le dichiarazioni rese da conoscenti e parenti della famiglia della vittima. Su questo inquirenti e investigatori non entrano nel merito, ma è evidente che il quadro indiziario sia pesantemente rivolto contro Leonardo Fresta, che ha precedenti per reati contro il patrimonio ed è attualmente sotto processo per associazione mafiosa.

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